Liquidità, percorso a ostacoli

Da diversi lettori mi sono stati segnalati ostacoli e vere e proprie trappole insite nel “Decreto liquidità” col quale il Governo ha inteso dare sollievo immediato alle aziende in crisi. I problemi evidenziati sono essenzialmente di ordine giuridico, piuttosto che economico in senso stretto, e alcuni attengono al rapporto con le organizzazioni sindacali. Si parla spesso di difficoltà dovute alla burocrazia o alla eccessiva cautela da parte delle banche nell’erogazione dei prestiti. In realtà i problemi sono ben più consistenti e difficilmente eludibili. Resta da chiedersi se il provvedimento del Governo sia da considerare un mero spot propagandistico e se gli inghippi legali servano a coprire la sostanziale impossibilità da parte dello Stato di garantire, come promesso, la copertura dell’erogazione di crediti per ben 400 miliardi da parte delle banche. Caute, giustamente, queste ultime, ma cauti dovrebbero essere anche i richiedenti il prestito, per le ragioni che andrò a illustrare, scusandomi per le necessarie semplificazioni. Occorre stabilire, preliminarmente, se l’azienda richiedente il prestito sia sana o navighi in cattive acque da prima della pandemia, infatti il finanziamento potrebbe facilmente essere censurato (ex post) quale aumento ingiustificato dell’esposizione debitoria e causa del definitivo dissesto. Come hanno autorevolmente osservato commentatori degli aspetti giuridici sul quotidiano economico Italia Oggi, “sotto il profilo della responsabilità civile occorre richiamare il concetto di abusiva concessione (o conservazione) di credito, unitamente alla violazione dei doveri di diligenza. La concessione abusiva di credito è stata ritenuta idonea a provocare un danno diretto ed immediato nei confronti della stessa società finanziata”. Pertanto “sul versante penalistico, il finanziamento abusivo con le sopra descritte caratteristiche viene ricondotto a talune tipologie di bancarotta semplice o fraudolenta (art. 216 e 217 L. Fall.), oltre che di ricorso abusivo al credito (art. 218 L. Fall.), che si realizza attraverso l’ulteriore finanziamento che l’imprenditore in crisi e in particolare gli organi gestori della società riescono ad ottenere dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza”. In conclusione “il rischio è proprio che i malcapitati e poco attenti manager, invece di riuscire a saltare il precipizio del Coronavirus, ci cadano dentro dopo avere ottenuto l’aiuto della banca e dello Stato (o di Sace)”. E questo è quanto, in estrema sintesi, sotto il profilo civile e penale. Quindi con i piedi di piombo dovrebbero andare non solo le banche ma anche i dirigenti d’azienda, altro che liquidità cash.

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