Politiche dell'accoglienza

Nel dibattito sull’accoglienza dei profughi afghani, che contrappone i vari paesi europei, mi pare sia mancata una riflessione sulle conseguenze di lungo periodo. Partiamo dalla demografia: il miglioramento delle condizioni economiche, grazie agli aiuti degli occupanti, ha consentito il raddoppio della popolazione afghana, nell’arco di un ventennio. L’economia del paese, da sola, non è in grado di sostenere questo numero di persone, quindi è da prevedersi un’ondata di migranti economici. Come già avvenne in Siria e in tutti gli altri paesi disastrati dalle guerre esportate dagli Americani e dai loro alleati (noi compresi). Ragioni umanitarie e sensi di colpa dell’Occidente indurrebbero ad aprire le frontiere ai profughi, indiscriminatamente. Questa politica di apertura rischia però di trasformarsi in un cavallo di Troia che consentirà all’Islam di arrivare prima o poi a esercitare l’egemonia sull’Europa, coronando un sogno perseguito per secoli, ma vanificato dalla tenace resistenza delle popolazioni autoctone. Se dalla geopolitica passiamo alla storia, vediamo che gli stati che maggiormente si oppongono all’apertura delle frontiere sono quelli che hanno subito l’occupazione Ottomana o che hanno vissuto per secoli su linee di frontiera temendo l’invasione. Basti pensare, per comprendere le resistenze di Ungheria e Austria, che la dominazione turca si è estesa fino a Pest (il sobborgo meridionale di Budapest), o che la stessa Vienna, oltre a Belgrado, è stata più volte minacciata dai Turchi (fu salvata nel 1664, sulla Raab, dal nostro Raimondo Montecuccoli, feldmaresciallo imperiale di origini modenesi, poi, nel 1683, fu liberata dall’assedio grazie a Eugenio di Savoia). Non parliamo poi della Grecia, che sotto il tallone Ottomano è rimasta fino all’Ottocento inoltrato, al pari di vaste zone dei Balcani. Insomma, l’invasione islamica, ancorché pacifica, in molti paesi europei non è ben vista (aggiungo la Polonia, nazione dai confini labili, sempre alle prese con le invasioni di orde asiatiche). Come si spiega dunque lo zelo dell’Italia, in netta controtendenza? Oltre all’influenza del Papato, decisamente schierato a favore dell’accoglienza, ci sono probabilmente ragioni di carattere demografico ed economico. L’Italia è il paese in cui maggiormente si avverte la crisi demografica e l’immigrazione è vista come la sola soluzione del problema, con gli annessi corollari di natura economica (disponibilità di manodopera, mantenimento del livello dei consumi, eccetera). Il fatto è che i migranti tendono a riprodursi in misura assai maggiore rispetto agli autoctoni, per cui prima o poi si arriverà fatalmente a un ribaltamento nel rapporto tra i vari gruppi etnici. Considerato che gli immigrati restano molto attaccati alle loro credenze e tradizioni (l’integrazione per assimilazione è una favola) prima o poi la civiltà islamica finirà col prevalere, almeno qui da noi, ma anche in Belgio e in Francia. Il che personalmente non mi preoccupa: San Pietro, con accanto quattro bei minareti sarebbe pur sempre una splendida moschea, come già Santa Sofia, a Costantinopoli (Istanbul, da oltre mezzo millennio). Già, ma perché noi, a differenza dei vicini europei, non avvertiamo il pericolo dell’invasione islamica e, anzi, abbiamo irriso chi, come Oriana Fallaci, ci ha messo in guardia per tempo? Forse perché non abbiamo mai subito l’occupazione Ottomana. Dopo il massacro di Otranto del 1480, attuato dai Giannizzeri di Ahmet Pascià, gli Aragonesi hanno fortificato il Sud e creato il sistema di torri “saracene” per l’avvistamento di flotte ostili e per impedire gli sbarchi. Venezia, nel ʼ500, ha blindato l’Adriatico con la fortezza di Corfù, dove erano stanziate le galere dell’Armada da Mar, e ha chiuso la frontiera a Est con l’edificazione di Palmanova, in Friuli (alle scorrerie dei Turchi in Friuli ha dedicato un poema in dialetto Pier Paolo Pasolini). Infine, sul Tirreno, sono state costruite le fortezze di Cosmopoli (1548), sede della flotta dei cavalieri di santo Stefano, e di Longone (1604), forte presidio spagnolo. Se si eccettuano le scorrerie dei corsari barbareschi, attivi fino a metà Ottocento, non abbiamo subito occupazioni territoriali permanenti, a differenza dei Balcani. E poi l’Italia, dalla caduta dell’Impero Romano, ha subito molte invasioni, sempre riuscendo ad assimilare i vincitori. Ma questa volta potrebbe essere diverso: gli Islamici infatti, specialmente la componente più estremista (cui sempre si accodano i “moderati”) non sono assimilabili e la loro fede li spinge a tendere all’egemonia. Quindi, per vantaggi immediati, soprattutto di tipo economico, è il caso di favorire una invasione, ancorché pacifica, dagli esiti imprevedibili? Io sono vecchio e non farò in tempo a vedere Lilly Gruber con il burqa, ma i vostri nipoti potrebbero dover fare i conti con situazioni di stampo libanese, o bosniaco.