In uno dei quartieri meglio urbanizzati della nostra città, sorge un moderno condominio di relazioni mobili che si definisce, forse per eccesso di modestia, “casa protetta”, ma è riscattata dal nome ufficiale “Il Carpine”, dal suo fra i più antichi. Tuttavia, se dovessimo ricorrere a qualcosa che caratterizzasse più in concreto la “casa”, prenderemmo in prestito un vocabolo che spesso infiora la conversazione dei nostri filgioli più piccoli: cacca, popò et similia.
La merda, insomma, l’escremento umano principe, come legittima icona del Carpine: l’elemento che ne rappresenta il fattore più dinamico, il dato effettivo sempre presente, quello il cui muoversi, irrigidirsi o improvviso (talvolta esplosivo) manifestarsi poteva consigliare tanto un intervento terapeutico, quanto un semplice consiglio a rilassarsi e a lasciarsi andare. In tutti casi, da parte degli ospiti del Carpine viene osservata una regola che risale ai tempi dell’antica Roma:
DEFECATIO MATUTINA,
BONA TAMQUAM MEDICINA;
DEFECATIO MERIDIANA
NEQUE BONA NEQUE SANA;
DEFECATIO SEROTINA
DUCIT HOMINEM AD RUINAM.
Naturalmente anche quando non possono così drasticamente scandire la propria defecazione nella giornata, i buoni “carpineti” non le negano il proprio controllo dei tempi e dei modi, tanto armonioso è diventato il loro quotidiano rapporto.
Tale armoniosità si basa (ed è questo il dato essenziale) sulla completa libertà di accomiatarsi dall’individuale, stercoreo fardello senza troppi complimenti, come si farebbe con un amico fidato.
Non so se abbiamo sempre osservato i nostri infanti quando li tenevamo tra le braccia, frignanti o sereni o sorridenti.
Ebbene, c’erano dei momenti in cui ci proccupavano non più per un loro irrigidirsi, per il loro stendere le braccia e le gambe. Erano i momenti della popò, da cui si liberavano piacevolmente.
Ritornando al nostro “Carpine” di cui da qualche mese anche io sono ospite, penso alla soddisfazione che concede a tanti anziani una possibilità analoga: è come ricongiungersi con una delle piccole gioie provate quando eravamo bambini.