Le nostalgie grafiche del presidente La Russa

E' polemica sull'esplicita commemorazione della fondazione del Movimento sociale italiano da parte di due figli d'arte, come la sottosegretaria alla Difesa, Isabella Rauti (il padre ne fu il segretario) e il Presidente del Senato, Ignazio La Russa (figlio del fondatore del partito, in Sicilia). Le reazioni sdegnate provengono soprattutto dai banchi parlamentari del Pd: “Celebrare fascismo e fascisti come fanno La Russa e Rauti è offensivo per l'Italia democratica” tuona il senatore dem Water Verini. E arriva alla richiesta di dimissioni per i due, le cui dichiarazioni sono "incompatibili con i loro ruoli di governo e istituzionali”. Un esponente di Azione si chiede: ma allora, La Russa e Rauti hanno deciso di sconfessare la svolta di Fiuggi del 1995 da cui nacque Alleanza nazionale? Non fu il partito di Gianfranco Fini a porre fra i propri principi fondanti la condanna del fascismo e di qualsiasi “richiamo, esplicito o velato come poteva essere il Msi”? E così via... segue

E' su questo “richiamo esplicito o velato” che vale la pena soffermarsi, semplicemente considerando la grafica del post scelto da La Russa per la commemorazione. Al di là dell'inserimento – che più esplicito non si può – del simbolo dell'Msi, è proprio lo stile grafico che colpisce e che evoca non solo e non tanto la formazione politica creata da Giorgio Almirante. E' una forma di comunicazione che va oltre e si collega ai modi che furono propri della Repubblica sociale italiana, soprattutto nei mesi tragici della guerra al Nord, tra il 1944 e il 1945: il dito puntato – ispirato al modello dello zio Sam – per invitare ad arruolarsi nell'esercito adibito dalla Wehrmacht soprattutto a snidare i partigiani; l'espressione del viso marziale, serena ma al contempo decisa e che non ammette dubbi o tentennamenti; la camicia aperta sul petto, come si addice agli eroi virili e pronti a tutto; la sua tonalità cromatica vagamente evocativa dell'uniforme; le bandiere tricolori appena accennate sullo sfondo, per dire che si è dalla parte giusta, quella della Patria. E' insomma lo stesso immaginario al quale si ispirava il Nucleo di Propaganda del Ministero della Cultura popolare della Repubblica di Salò, mobilitando grafici, illustratori e addetti stampa per dare luogo a un'autorappresentazione basata sul riattualizzare la dimensione eversiva del fascismo delle origini attraverso l'esaltazione della morte, la retorica del tradimento, del sacrificio, dell'onore perduto, della fede nella vittoria contro tutto e tutti e della vendetta estrema.

 

C'è da augurarsi che il presidente Ignazio la Russa, abbia estratto quell'immagine da qualche polverosa cartella della sua collezione di cimeli del ventennio. Perché se ci fosse una qualche volontà di recuperare quei valori con il relativo stile di comunicazione verrebbe davvero da riflettere sulla cosiddetta seconda carica dello Stato da lui impersonata, sui “richiami velati” e sulle prese di distanza coincise con l'ascesa del suo attuale partito a palazzo Chigi.