Il chitarrista Max Frignani racconta le sue collaborazioni da Patty Pravo ai Tupamaros, da Irene Grandi a Cisco

 

di Elisa Paltrinieri

 

Gli spettacoli dal vivo sono ricominciati dopo quasi cinquecento giorni di fermo, una situazione che ha messo in crisi un settore che in un solo anno si stima abbia perso trenta miliardi di dollari su scala mondiale. Le immagini dei bauli schierati nelle piazze di Milano e di Roma, simbolo della protesta di questo tipo di lavoratori, sono diventate iconiche. Ciò nonostante alcuni artisti hanno cercato di sfruttare al meglio il periodo di riposo forzato, come ha fatto il chitarrista carpigiano quarantacinquenne Massimiliano Frignani che non si è fermato un momento. «Durante il lockdown ne ho approfittato per migliorare il mio studio – racconta il musicista –, una scelta che mi è tornata utile per collaborare alla produzione artistica delle ultime opere di musicisti come Cisco, Pasquale Panella (l’autore di Battisti post Mogol e che sta scrivendo per Matteo Setti, voce nel Notre Dame de Paris) e il cantante irlandese  Andy White». Ad aiutarlo forse il fatto che non è stata la prima volta che nell’ambito della sua carriera quasi trentennale (durante cui ha suonato per nomi importanti della musica italiana come Patty Pravo, Irene Grandi e Bugo) Max - come si fa chiamare – ha dovuto confrontarsi con momenti in cui tutto sembrava arenarsi. Ha imparato ad aspettare senza scoraggiarsi e continuando a coltivare la passione per la chitarra nata quando aveva appena undici anni.

 

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