Morelli assolto: forti echi nella comunità politica. Manifattura Riese: proprietà nascosta da una fiduciaria

Scuoti la bottiglia di vino, e i sedimenti depositati sul fondo tornano a diffondersi. E' quanto sta accadendo in città con il riaffiorare delle discussioni sul caso Morelli, dopo la sentenza che ha mandato assolto l'ex Vicesindaco dal primo dei due reati per i quali è stato rinviato a giudizio: quello delle concussione esercitata nei confronti di due esercizi commerciali del centro (l'altro, per presunta diffamazione, è tuttora in corso). Carlino e Gazzetta si scambiano i ruoli, oggi dando risalto all'una o all'altra delle due sole notizie riportate nelle loro pagine carpigiane: sulla Gazzetta la vicenda giudiziaria si prende l'apertura, relegando lo sciopero della Manifattura Riese al taglio basso, mentre il Carlino fa esattamente il contrario.

 

 

A ravvivare la polemica sul verdetto del Tribunale di Modena ha contribuito il comunicato diffuso ieri dal Sindaco per esprimere la propria fiducia nell'operato della magistratura e per ribadire che la costituzione del Comune a parte civile era quanto meno “doverosa” per tutelare la propria immagine e collaborare alla ricostruzione dei fatti, a fronte dell'imputazione di un proprio amministratore “per un fatto asseritamente commesso nell'esercizio delle sue funzioni”. E in città sono subito tornati a farsi sentire i sostenitori di Morelli che intravedono nella vicenda una montatura per eliminarlo dalla scena politica. Fra loro, con i commenti riportati dalla Gazzetta, si segnalano Giorgio Cavazzoli e Giliola Pivetti (che rispolvera il sessantottino "pagherete caro, pagherete tutto”, riferito agli accusatori dell'ex Vicesindaco), ma sono numerosi, sui social, i post favorevoli a Morelli, che arrivano in qualche caso a vedere in lui un futuro candidato Sindaco. Merita una segnalazione, fuori dalle pagine di Carlino e Gazzetta, un commento piuttosto articolato, affidato al proprio profilo social, dell'ex consigliere comunale di Forza Italia, Roberto Benatti (leggi qui), che dai banchi del Consiglio fu tra i più strenui oppositori politici di Morelli, in particolare sulla questione dei déhors (leggi qui) all'origine dell'imputazione del reato di concussione  contestato all'ex amministratore. Nel ribadire il proprio appoggio al cento per cento sia all'inchiesta dei carabinieri che al Sindaco, Benatti non può peraltro fare a meno di riconoscere che il Regolamento sui déhors, condiviso anche da tre dirigenti comunali. è stato comunque portato dalla Giunta e votato dal Pd in Consiglio (chi nel Pd era contrario, o disertò la seduta o si astenne) e non è stato cambiato, dopo le sue dimissioni. Anzi: complice il Covid, è stato perfino attuato nella sua parte più controversa: la possibilità di collocare tavolini anche senza l'autorizzazione dell'esercizio commerciale prospiciente. Ma quel che più preme all'ex consigliere di Forza Italia è denunciare il comportamento delle minoranze: quella civica di Carpi Futura e il centro destra – guarda caso, proprio Pivetti e Cavazzoli – che non ebbero a suo dire il coraggio di portare fino in fondo la difesa di Morelli, candidandolo, e gli “...esponenti cattodem che lo hanno creato e cresciuto (...) l'hanno a loro volta mollato alla guazza e si sono immediatamente seduti al tavolo con la parte dominante”: dove ogni riferimento al promotore di Carpi 2.0 non è per niente casuale. Vecchie vicende che riaffiorano, si diceva. Perché c'è precisa la sensazione che la storia de Carpi di questi anni avrebbe potuto essere diversa se, come sostiene Benatti, Morelli si fosse acconciato con umiltà a un terzo mandato amministrativo, restando nei ranghi del Pd a fare il proprio lavoro e attendendo con pazienza che, finito il tempo di Alberto Bellelli, arrivasse il suo.

 

 

L'altra notizia riportata dalla stampa locale di oggi è lo sciopero di ieri alla Manifattura Riese, con la novità a sorpresa dell'inafferrabile assetto proprietario della società. Il fondo Consilium che ne detiene l'80 per cento risulta infatti averla ceduta alla Luchi Fiduciaria di Milano: e quando si arriva a una fiduciaria, calano le saracinesche. E il tutto, come riportano Gazzetta e Carlino, è avvenuto senza che nessuna rappresentanza degli 83 lavoratori, quasi tutte donne, ne fosse informata.