Crisi dei negozi in centro, assedio dei supermercati, qualche idea. E basta nani e ballerine

I negozi al dettaglio nei centri storici, inclusi i pubblici esercizi, stanno chiudendo. Non solo a Carpi, precisa l'assessore alle Attività produttive, Stefania Gasparini: rincari energetici, inflazione e concorrenza online sono un problema per tutti. Ed è vero: tant'è che le stesse cronache di chiusura si ritrovano sulle pagine e sui siti locali di Modena, Bologna, Reggio Emilia. Segnali preoccupanti provengono anche da Mantova e Verona e perfino da Napoli, la città che vanta il maggior numero di negozi di vicinato (19 ogni mille abitanti), dove il Mattino di qualche giorno fa, riferendosi al 2022, titolava: “Commercio, dati choc: costretti alla chiusura nove negozi al giorno”. Il che sta a dimostrare che non sono sufficienti una maggior circolazione di gente e un centro storico particolarmente attrattivo – connotati tipici della città partenopea – a rianimare i punti vendita al dettaglio e di piccole dimensioni, dai generi alimentari ai negozi di calzature e abbigliamento. La prima causa oggi è diventata il poco denaro nelle tasche dei consumatori: i prezzi lievitati e l'inflazione non fanno entrare la gente oltre la soglia delle vetrine, contemplate da fuori. Ma il guaio strutturale è stato da tempo individuato nel commercio online: si direbbe che il calo dei negozi sia inversamente proporzionale alla crescita dei mega capannoni della logistica che vanno sorgendo lungo le autostrade. Dotata di sempre più sofisticati software di approvvigionamento e di ricerca delle merci, la logistica, grazie alle profilazioni dei consumatori alle quali nessuno di noi può sottrarsi, è arrivata al punto da far pervenire ai terminali di una determinata area geografica tipologie di prodotti per le quali sia prevedibile che si alzerà la domanda, ancora prima che si verifichi effettivamente.

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