Davanti agli uffici della Navy Group

Carpi, sciopero e protesta con volantinaggio per Navigare

“Naufragare”. Così i sindacati hanno ribattezzato in modo provocatorio il marchio Navigare che fa capo all’azienda carpigiana Manifattura Riese, protagonista, da diverse settimane, di una complicata vertenza (leggi qui). Stamattina Filctem Cgil e Filcams Cgil, insieme a Femca Cisl, hanno proclamato l’ennesimo sciopero (il quarto) nei negozi monomarca di tutta Italia e nello stabilmento di Carpi, con presidio davanti ai cancelli. Poi si sono spostati a fare volantinaggio in via Cattani, davanti agli uffici della Navy Group, la società di Massimo Brunetti, figlio del fondatore del marchio nonché detentore del 20 per cento delle quote. Il restante 80 per cento invece è stato di recente venduto dal Fondo Consilium (subentrato cinque anni fa) alla Luchi Fiduciaria di Milano che, dopo pochi giorni, ha messo in liquidazione l’impresa e avviato la procedura di licenziamento collettivo per gli 82 dipendenti, per la maggior parte donne, impiegati per circa la metà in azienda e per il resto nei negozi e negli outlet di proprietà sparsi in giro per l’Italia.
 

A nulla sono serviti gli scioperi dei lavoratori i tavoli in Regione, la solidarietà da parte delle istituzioni (leggi qui): la proprietà, pur non partecipando agli incontri promossi dai sindacati, ha fatto sapere tramite il liquidatore Maurizio Corvaja, di non avere intenzione di intraprendere alcuna trattativa.

Senza considerare che le risposte attese dai lavoratori (una su tutte: chi si nasconde dietro la Luchi fiduciaria?) non sono ancora arrivate e l’impressione diffusa  è che la nuova proprietà voglia tenersi il marchio sbarazzandosi però dei dipendenti. In più si era aggiunta una clamorosa scorrettezza che parrebbe ora rientrata: la pretesa dell'azienda di trattenere per mancato preavviso una quota dei salari dovuti ad alcuni lavoratori che avevano trovato altra occupazione.

In attesa dell'incontro al Ministero per lo Sviluppo economico, la protesta si indirizza alla perdurante assenza della nuova proprietà da tutti i tavoli di trattativa, nonostante le ripetute sollecitazioni ricevute anche da parte della Regione.

«Questo mancato confronto e il non “metterci la faccia” è davvero un comportamento scorretto – commenta Sergio Greco di Filctem Cgil –. Da parte della proprietà non è arrivata alcuna risposta, se non tramite il liquidatore che ha confermato la chiusura dell’azienda e il licenziamento di tutti gli 82 dipendenti. Le ragioni economiche per procedere con un’operazione del genere non ci sono. E’ ovvio che l’intenzione di questo “anonimo” compratore è salvaguardare il marchio liberandosi dei dipendenti. Noi non ci stiamo, stiamo parlando di 80 famiglie…».

Gran parte delle dipendenti sono donne: molte di loro lavorano in azienda da più di 20 anni, alcune addirittura da 30, e il loro timore è di non riuscire a trovare un’altra occupazione e a ricollocarsi nel mercato del lavoro.

«Gesti come questo svalorizzano il lavoro e la storia del territorio carpigiano, le competenze e il saper fare di tutto il distretto – aggiunge Roberto Giardiello di Femca Cisl –. Un altro marchio importante sta per scomparire, un’altra azienda carpigiana del settore tessile viene abbandonata a se stessa. Tutto questo è inaccettabile».